Storia di Sant’Oronzo
La tradizione oronziana (la PASSIO) affonda le sue radici in un passato lontanissimo e rimanda ad una presenza sul nostro territorio di Oronzo, primo predicatore ed evangelizzatore della Japigia; la sua presenza ed attività è attestata in via indiretta da alcuni ritrovamenti fatti in una grande villa romana, dove si è ritrovato un fondo di un piatto recante i simboli classici dei primi cristiani: il pesce e una croce.
Notizie su Sant’Oronzo sono attestate ancor prima del 1657, anno della diffusione della peste e della “liberazione dal contagio” ad opera del Santo. Significativa è la testimonianza di Antonello Coniger, influente uomo politico leccese, vissuto a cavallo tra XV e XVI secolo, autore di molte cronache in una delle quali racconta che nel 1480 il corpo di Sant’Oronzo fu scoperto da Francesco Orsini del Balzo e fatto trasportare a Lecce “città ingrata e indegna”. Le cronache del Coniger, testimone di molti fatti narrati, furono utilizzate da altri, tra cui dal vescovo di Vico Equense, Paolo REGIO, autore di una Vita de’ SS. Giusto et Orontio MM., Napoli 1592; fino alla Passio scritta il 1758 dal parroco don Saverio de Blasio di Lecce: BREVE VITA DEI SANTI VESCOVI E MARTIRI ORONZO E FORTUNATO E DI S. GIUSTO DA CORINTO”, il 1758
Tutta questa tradizione narra che intorno al 22 d.C. a Rudiae, antica località nei pressi di Lecce, nacque Oronzo, da una nobile famiglia. Fu educato ad una vita agiata e istruito nella religione pagana, allora predominante. Il fanciullo però da subito dimostrò una propensione per gli approfondimenti filosofici e per una voglia di conoscere la “verità”.
Verso la metà del I secolo d.C. San Paolo, durante la persecuzione romana da Atene, si rifugiò a Corinto, qui incontrò alcuni ebrei che si convertirono al Cristianesimo tra cui Tito Giusto che divenne suo discepolo. Intanto i Cristiani a Roma, vessati dalle continue persecuzioni, avevano bisogno di conforto e di una buona parola che allietasse i loro animi. Paolo, conosciuto lo stato dei suoi fratelli cristiani, decise di inviare Giusto con una lettera ai cristiani di Roma. Così, Giusto s’imbarcò da Corinto verso Roma, ma per evitare impedimenti e controlli nel lungo viaggio decise di sbarcare in Magna Grecia ovvero nell’attuale San Cataldo (Lecce). Qui, incontrò Oronzo, mentre era in compagnia del nipote Fortunato, e decise di dargli ospitalità e condurlo a Lecce, nella sua casa.
San Giusto, notando la benevolenza di Oronzo, i suoi modi e la sua curiosità, decise di parlargli di Gesù Cristo e della nuova religione. Alle parole infuocate di Giusto, il tenero cuore di Oronzo si sentì toccato dalla grazia, e vivificato dallo spirito divino acconsentì ad abbracciare la nuova legge.
Giusto, da parte sua, visto ormai che la grazia divina aveva operato la conversione nell’animo del suo benefattore, con premura si diede a spiegargli i misteri della nostra Santa fede e per prepararlo degnamente a ricevere le acque salutari del Santo Battesimo. Ma la conversione non fu solo per Oronzo, ma anche per il nipote, di nome Fortunato.
Dopo il battesimo, Giusto, aiutato dai due novelli cristiani, cercò di convertire altri pagani per condurli al regno di Gesù Cristo per poi proseguire il suo viaggio verso Roma, promettendo di ritornare.
Durante l’assenza di Giusto, i due giovani continuarono la loro predicazione della verità, convertendo anime, comprese quelle della propria famiglia. Con la loro parola erano di consolazione agli afflitti e ai tribolati e di rimprovero ai reprobi. Intanto, passato il tempo stabilito, Giusto tornò da Roma, e dopo le liete dimostrazioni di affetto ricevute da parte di Oronzo e Fortunato, fu molto soddisfatto nel vedere la grande moltitudine di anime Leccesi riscattate a Cristo per opera della predicazione dei due nuovi discepoli.
Da ciò Giusto fu convinto che i due nostri santi sarebbero stati capaci di far crescere sempre più il numero dei fedeli nella nascente Chiesa leccese, e in seguito a questo decise di portare Oronzo e Fortunato a Corinto dove San Paolo avrebbe pensato chi era degno di essere Pastore del gregge Leccese. San Paolo si dimostrò entusiasta nell’udire da parte di Giusto la storia della conversione di Oronzo e Fortunato e della loro opera nella terra leccese, e dopo un’attenta riflessione decise di eleggere Oronzo a Vescovo di Lecce (Vescovo della Japigia) e Giusto suo coadiuvante nel Ministero.
Tornando nella terra natia Oronzo e Giusto si diedero a conquistare le anime a Cristo anche nei paesi limitrofi, ai quali con sovranità di Pastore, propose la verità della religione cristiana. I due discepoli per sfuggire alle persecuzioni romane pensarono di allontanarsi da Lecce e continuarono la loro predicazione nei paesi vicini e lontani. Di giorno cercavano sostentamento e predicavano la nuova dottrina passando di casa in casa, mentre la notte la trascorrevano in grotte angustissime e umide spelonche, lontane dalla città, le quali venivano provvedute di povere vivande dalla buona gente che essi avevano condotto alla nostra santa fede.
Oronzo e Giusto arrivarono quindi alla città di Ostuni, per raccogliere seguaci della Chiesa di Cristo; ma essi dopo aver sostenuto ingiurie e flagellamenti, furono ambedue banditi dalla Terra Ostunese per ordine dei ministri di Cesare, quindi si diressero verso la cittadella di Turi, dove secondo la tradizione arrivarono su di un carro trainato dai buoi per prendere poi dimora in una profonda e umida grotta situata nel bosco lontano dal paese. Appena fu sparsa la notizia del loro arrivo in città, (allora tanto rinomata nella Magna Grecia) subito ci fu un accorrere continuo di curiosi per vedere questi due forestieri, i quali a loro volta cominciarono a parlare della loro nuova religione. Molti furono gli abitanti che si convertirono, ma non mancarono anche dei nemici che volevano mettere disordini. I buoni fedeli allora, per evitare tale sconcerto, cercarono di andare di nascosto alla grotta dei due Santi, col costruire un sottopassaggio di circa un mezzo chilometro, che da una casa privata della città conduceva in detta grotta. I nostri Santi furono visitati continuamente dai fedeli e sostentati dalla loro carità, ed essi in contraccambio non si stancarono di istruire sempre più nella dottrina di Cristo. Trascorsero così un buon periodo di tempo, facendo una grande opera di apostolato tra i buoni abitanti turesi.
Fu a Turi che i due furono arrestati dai soldati romani, arrestati e condotti a Lecce, al cospetto di Antonino, rappresentante imperiale, che voleva processarli per la loro ostinatezza a ripudiare la religione pagana. Messi di fronte alla statua di Giove, per adorarla e così rinnegare la religione cristiana, con coraggio e disprezzo rifiutarono, accettando così il martirio.
Infatti senz’altro si decretò la morte dei Santi, ma essendo grande il numero di popolo e specialmente di fedeli che vi assistevano, e temendo una sommossa da parte di questi, i Santi furono incatenati e flagellati fuori dalla città: in un giardino vicino fu troncata la loro testa.
Era l’anno 68 d.C.
Per un approfondimento storico sul tema, cfr: Osvaldo Buonaccino d’Addiego-Donato Labate: Sant’Oronzo: storia di un culto, quaderno n. 10 sulletracce – 2007